Trovare una certa corrispondenza tra la crescente violenza dei giovanissimi ed i messaggi che arrivano in uno smartphone fin dall'infanzia è oggi fin troppo facile.

Basterebbe navigare senza troppe pretese nelle piattaforme musicali streaming per trovare in classifica un brano come «Mi piacciono le armi» che suona così:

Ci ho provato pure a fare palestra
Ma mi piacciono le armi, ti piace la mia Beretta? (Ti piacciono i gangster?)
Mi piace quando vado nel bosco e la testo
Vado matto per le armi, mi mandan fuori di testa (fuori di testa)

Il testo poi si muove nel quadrilatero di sicurezza tematica di questo genere, grosso modo identificabile con «violenza&aggressività / sesso / sostanze / soldi&successo»; non presenta quindi novità di rilievo, se non fosse che le parole sono pensieri e i pensieri prima o poi portano all'azione chi magari non ha un'adeguata capacità critica o degli adulti capaci di formarla.

Tuttavia queste canzoni, o altro come il gaming violento, sono solo fenomeni che navigano nella corrente di un fiume più ampio, dove il conflitto non è stigmatizzato, affrontato o superato, ma premiato: è la comunità di rete, il cui apparato circolatorio sono i Social abitati dalla quasi totalità della Generazione Alfa dei nati dal 2011, dotati di smartphone autonomi ed intoccabili.

Nella comunità di rete il conflitto produce maggiori engagements, interazioni; il conflitto, attirando attenzione, produce valore e genera denaro. Per fare un esempio semplice: anche noi adulti, tutti, siamo più attirati da un video in cui due litigano e non dove due stanno parlando pacatamente.

Il conflitto, nella comunità di rete, vale più dell'armonia ed è promosso a diversi livelli: tra gruppi e sottogruppi, tra generazioni, tra stili di vita e preferenze di acquisto, tra pensieri, idee e convinzioni etiche o politiche, tra gli utenti di Social diversi, tra chi partecipa ai giochi online e chi non lo fa e via dicendo. L'ampiezza del conflitto come elemento strutturante la comunità di rete, non accessorio, sta favorendo la formazione di identità non cooperative o samaritane, ma conflittuali, che agiscono sia in rete, luogo naturale, sia nella cosiddetta vita di tutti i giorni, grazie alla perfetta circolarità tra on e off-line.

I rimedi sono sempre gli stessi e sempre più disattesi: alzare l'età dell'accesso alla comunità di rete, che avviene tramite smartphone, con interventi sia normativi, sia educativi a partire dagli adulti; presenza di un human digital tutor per l'accompagnamento dei minori nella vita mediale; riduzione del tempo di esposizione a favore di attività relazionali frontali di primo livello. 

Lasciando andare le cose, c'è da aspettarsi un ulteriore incremento della conflttualità e della violenza ad età sempre più precoci, come purtroppo iniziamo a vedere in questo periodo.


Marco Brusati
Contatti
Foto gratuita di Mikhail Nilov
Licenza Pexels