Una ragazzina di 15 anni è stata vittima di violenza sessuale di gruppo mentre attendeva gli amici per cenare al fast-food nella zona Eur di Roma.
L'atto, corredato da parole irripetibili, è stato interrotto solo dall'arrivo di una pattuglia dei Carabinieri, mentre uno dei due giovani intervenuti per salvare la ragazzina è stato picchiato a calci e pugni dal branco. Il fatto è avvenuto durante le scorse feste natalizie; se n'è avuta notizia a conclusione delle indagini che hanno permesso alle Forze dell'Ordine di identificare gli aggressori, tutti minorenni: un 16enne, due 15enni e due 13enni. I primi due sono stati collocati in una comunità per minori, mentre i 13enni non sono imputabili. [cf. Il Messaggero].
Colpisce la giovane età, ma lascia senza fiato pensare che dei 13enni poco-più-che-bambini possano partecipare ad un atto di violenza sessuale per strada su una ragazzina sconosciuta. Colpisce, lascia senza fiato, ma occorre tentare di capire il contesto entro il quale sta crescendo una generazione.
È un fatto ormai assodato che anche nelle mani dei bambini sia arrivato lo smartphone, la cui consegna da parte degli adulti costituisce il rito di iniziazione al mondo dei grandi, dentro il quale si trovano catapultati sempre più precocemente e con sempre meno preparazione. Così, «già in quinta elementare, capita spesso che i bambini abbiano visto almeno una volta dei filmati hard» [Adolescienza]. Chiedete alle maestre e ai maestri che conoscete e avrete una risposta analoga. Inoltre, l'accesso alla pornografia non solo consente di assistere ad atti sessuali di ogni forma e tipologia, ma espone a video di esplicita e dura violenza a sfondo sessuale, che sono i più ricercati e dove la vittima è una donna.
In più, anche i bambini e le bambine che non hanno accesso a questi siti, vengono lasciati liberi di seguire o modelli estetico-artistici erotizzati, oppure, soprattutto i maschi, chi de-canta pornograficamente la donna, la 'sottomette' verbalmente, la insulta e la tratta da oggetto di piacere o come una preda tribale.
Con questo 'zoccolo duro' e per assuefazione precocissima si può finire per cercare in rete sempre di più, com'è successo nella nota «Chat dell'orrore» in cui 20 ragazzini, di cui ben 7 di 13 anni e il più grande di 17, si scambiavano «immagini con contenuti a carattere pedopornografico e cosiddetti file gore, ultima frontiera della crudeltà, con video di suicidi, decapitazioni, squartamenti e mutilazioni di persone, in qualche caso di animali» [Ansa]. Oppure, come è emerso da «un grande sondaggio*» elaborato da Protect Children sulla pedofilia in rete, il 70 per cento degli intervistati ha visto per la prima volta materiale pedopornografico quando aveva meno di 18 anni. Tra questi, il 40 per cento aveva meno di 13 anni.
Siamo in piena sexual deregulation, che è divenuta essa stessa una nuova regola sociale: se non la segui, sei fuori. Chi si oppone alla normalizzazione di questo fenomeno è ormai visto come un retrogrado figlio del passato, un sessuofobo con desideri inconfessabili, mai liberato e degno di scomparire dalla storia, trovandosi sul suo lato sbagliato. Chi vede la problematicità della malizia crescente negli occhi di bambini sempre più piccoli è tollerato come un residuato culturale destinato ad essere travolto dalla slavina della modernità. Tra silenzi ed ipocrisie, in meno di una generazione si sono rovesciati i tabu e ne sono stati creati altri di segno contrario trascinandosi dietro anche la TV generalista oltre a quella tematica.
Oggi è un primario dovere educativo, culturale, ecclesiale e politico proteggere, anche giuridicamente, i più piccoli da una sessualizzazione precoce e dalla pornografizzazione della sessualità. O almeno occorre mettere al centro il tema, perchè non è più possibile far finta di niente. Ecco la lettura del contesto. Ora si possono collegare i puntini per vedere se appare un disegno.
*Il grande sondaggio è consultabile a questo Link
© Marco Brusati
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