Il silenzio dei buoni genera mostri

Tik Tok è la popolarissima App globale cinese, conosciuta, consultata o utilizzata dalla quasi totalità di preadolescenti, adolescenti e anche da numerosi bambini e bambine.

Scaricata circa 2 miliardi di volte, consente di realizzare brevissimi video: canzoni in playback, balli, coreografie, parodie, giochi, sfide, messaggi, scene originali. Come accade per tutti i social, più like si ottengono, più popolari si diventa. 

Alcuni gravi episodi hanno fatto conoscere Tik Tok al mondo adulto ed educante che, magari per la prima volta, ne ha sentito parlare; faccio solo cenno alla tragedia della piccola Antonella, bambina palermitana di 10 anni morta per asfissia presumibilmente per una sfida che girava su questo Social [cf. La Repubblica]. Se questo fatto ha giustamente acceso l'attenzione mediale, politica e sociale sui pericoli dei Social, una cappa di silenzio ricopre una pratica assai diffusa su Tik Tok e influisce sulla crescita equilibrata, consapevole e rispettosa di sé di una generazione: si tratta delle migliaia di video di giovanissime ragazze, minorenni e adolescenti, che si esibiscono in movenze, messaggi, pose, condotte sessualmente non-neutre, o con canzoni a sfondo erotico, oppure con parole o scritte che riguardano la genitalità e la sessualità.

A dare la sveglia anche ai più narcolettici immersi nel sonno socio-educativo ci aveva già pensato diversi mesi fa Marlène Schiappa, a quel tempo Segretario di Stato francese per le pari opportunità che aveva dichiarato: «TikTok è il social media dei nostri bambini e adolescenti, deve essere uno spazio sicuro. Sono sotto choc per le testimonianze di abusi, ricatti e violenze sessuali. Chiedo immediatamente un incontro con i vertici di TikTok: dobbiamo prendere misure drastiche» [Il Corriere]. Qualche cenno di resistenza alla diffusione globo-capillare dell'APP si è avuta nel 2019, quando TikTok è stata bandita per alcune settimane dall'alta corte di Madras, in India, con l’accusa di «promuovere contenuti pornografici ed esporre i bambini ai predatori» [Times of India]. 

Facciamo dunque un breve viaggio tra questi video presenti su Tik Tok e, con un'operazione di estrema semplificazione, cerchiamo di suddividerli in cinque insiemi o tipologie, che rappresentano altrettante sfide o confronti tra le protagoniste.

Tipologia #1: ragazza in abiti succinti che ancheggia come una navigata ballerina oppure mentre fa twerking, una danza sviluppatasi negli strip-club [cf. Wikipedia English]. Le performances avvengono utilizzando canzoni come «Twerk» di MamboLosco-Boro Boro e «Pesca» di GionnyScandal. La prima recita così: «già vedo da come twerka che è molesta; già muoveva il c**o forte, poi ha messo la sesta; mi sa proprio che questa fa palestra; tutti gli [le, ndr] guardano il c**o, ma non gli [le, ndr] interessa (she don’t care) (…); muovi il c**o bi**h [putt*na ndr]; Twerk, twerk, twerk». La seconda fa eco con queste parole: «Quando muovi quella pesca [il fondoschiena, ndr] mi fai girare la testa (…); il tuo fondoschiena sembra luna piena (…); cu*o grande come Ariana, sei italiana o brasiliana». 

Tipologia #2: ragazza che, spostando gli indumenti intimi di un ragazzo, ne osserva il membro maschile; in seguito o lo deride attraverso una sorta di risolino registrato, oppure lo apprezza esclamando «a la faccia d’u ca**o» oppure facendo partire la canzone «ma come è bello qua, ma come è grande qua». Tale tipologia ha due varianti: lei che deride il membro maschile e lui che risponde deridendo la misura del seno di lei; oppure due ragazze che commentano le reciproche misure del seno o del fondoschiena. 

Tipologia #3: ragazza che mette in video la sua delusione mentre una scritta in sovrimpressione recita: «quando ti bacia ma non ti tocca il cu*o» [o emoticon della pesca].

Tipologia #4: «le mie te**e con le felpe, canottiere e push up»: ragazza che disegna con il naso sullo schermo il profilo del proprio corpo quando indossa uno dei tre indumenti; una variante è la sfida «vado nuda dal mio fidanzato», competizione in cui una ragazza coperta da un asciugamano va da un ragazzo apparentemente nuda per vederne la reazione.

Tipologia #5: ragazza che, attraverso scritte in sovrimpressione e un brano musicale racconta: alle elementari o da piccola o da bambina mi dicevano «che schifo», mentre ora «si dice che sono «uno zuccherino» [«bonbon» nell’originale, ndr]. Quest’ultima tipologia è particolarmente indicativa: chi apprezza o non apprezza delle bambine delle elementari per il loro aspetto fisico?

Possiamo infine solo accennare all’infinita varietà di altri video: dalla ragazza che si riprende mentre guarda un porno, a quella che promette di mandare le sue foto sotto la doccia al ragazzo che gliele chiede in chat, a quella che riprende il suo volto deluso mentre una scritta in sovrimpressione recita «quando i miei amici mi dicono che la mia amica è una bomba a letto», fino ad arrivare alla ragazza fotografata oppure osservata di nascosto da dietro mentre si piega facendo ginnastica. Infine accenno a un fenomeno su cui tornerò, ovvero quello dei bambini accompagnati dai genitori che si atteggiano in maniera o in un contesto impropri.

A questo punto, possiamo fare tre considerazioni:

1) mediamente, più una ragazza è giovane, più si scopre, più si atteggia come sinuosa e disinibita, più parla o tratta in qualche modo di sesso, più like ottiene;

2) una vetrina di questo genere può attirare, come ha rilevato Marlène Schiappa, molestatori, che, palesandosi, possono e devono subire le giuste sanzioni;

3) senza giungere alla molestia attiva, un sistema siffatto espone impropriamente le adolescenti, alcune molto, troppo giovani, allo sguardo sia di chi le conosce, sia al voyerismo di chi si nasconde dietro uno schermo dall’altra parte del mondo; anzi, la combinazione tra l’impennata di iscrizioni di adulti over 35 anni e la maggioranza di utenti e fruitori maschili dell'App andrebbe indagata a fondo. 

Oltre ad applicare le attuali sanzioni per i reati, occorre agire d’urgenza soprattutto sul lato dell’offerta, rendendo il contesto culturale ostile a questo tipo di esposizione; invece, oggi è vero il contrario, ovvero subisce lo stigma sociale chi non partecipa, in varia forma, a questo circo mediale, cosa che, come  la letteratura psicopedagogica insegna, può avere conseguenze gravi sulla formazione dell'identità sia di chi si espone, sia di chi ne fruisce. In sintesi: si scrive «libertà», si legge «nuovo obbligo sociale».

Dopo anni  di MeeToo, milioni di parole, migliaia di dibattiti, centinaia di trasmissioni sul rispetto della donna, c’è da chiedersi come sia possibile accettare questa forma di mercificazione precoce del corpo femminile al posto di una sua protezione e cura con tutte le forze disponibili. Invece, con decine di Star, influencer e idoli che offrono troppo spesso pessimi esempi di esposizione della propria intimità, il mondo adulto si gira dall’altra parte, accettando quella che di fatto è un’antica forma di schiavitù sotto mentite spoglie.

In questo contesto, l’educazione -ovvero il sistema educante che comprende famiglia, scuola, associazioni, comunità civile, politica e religiosa- si ritrova sepolta, magari viva, dopo che ha quasi azzerato la sua forza preventiva e di controllo a favore di tardive azioni di recupero o repressione. 

Giustamente preoccupati per l'accesso dei minori ai siti di pornografia, non si sta cogliendo che le regole del gradimento tendono ad essere analoghe anche in contesti mediali dove i minori, ufficialmente a partire dai 13 anni, sono di casa. 


© Marco Brusati
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